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Nel pieno della transizione digitale, parlare di nuove competenze non è solo un’esigenza formativa, ma una condizione imprescindibile per garantire competitività, inclusione e resilienza nei sistemi economici e sociali.

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Competenze digitali: definizione e framework europeo

Ma cosa intendiamo oggi per competenze digitali? E come si articolano in termini concreti?

Le competenze digitali comprendono un insieme di conoscenze, abilità e attitudini che permettono di utilizzare con dimestichezza le tecnologie digitali, dalla gestione delle informazioni online alla comunicazione sui canali digitali, dalla creazione di contenuti all’uso consapevole e sicuro della rete.

Secondo il framework europeo DigComp, queste competenze si articolano in cinque aree fondamentali:

  • Information and Data Literacy – Ricerca, valutazione e gestione dei dati.
  • Communication and Collaboration – Interazione online, identità digitale e netiquette.
  • Digital Content Creation – Produzione, editing e gestione dei contenuti.
  • Safety – Protezione dei dati personali e cybersecurity.
  • Problem Solving – Risoluzione di problemi tecnici e aggiornamento continuo.

Queste aree non sono compartimenti stagni, ma interconnesse tra loro e in contesti professionali pubblici e privati in continua evoluzione, saperle riconoscere e valorizzare è essenziale.

Sfide nell’implementazione delle competenze digitali nella PA e nel privato

I processi attivati nella Pubblica Amministrazione e nel settore privato nelle prime fasi di un passaggio tecnologico talmente rivoluzionario da essere già oggi considerato epocale, hanno evidenziato immediatamente che si doveva operare una profonda trasformazione anche sulle conoscenze e sulle competenze delle persone che avrebbero dovuto occuparsene.

 

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È superfluo ripetere che nella PA l’elemento maggiormente ostativo a realizzare in generale pesanti innovazioni nelle attività quotidiane è rappresentato dall’età media elevata dei dipendenti e dalla diffusa carenza di conoscenze informatiche.

Quando i processi di informatizzazione si sono moltiplicati, la predisposizione di nuove modalità nell’erogazione dei servizi ha richiesto un cambio di mentalità che non sempre è stato indolore; in qualche modo, tuttavia, questi passaggi sono stati affrontati ricorrendo a numerosi corsi di formazione informatica di base e avanzati.

Sarebbe stato quanto mai opportuno attivare in parallelo iniziative di sensibilizzazione in materia di sicurezza informatica ma la conoscenza del tema era davvero scarsa soprattutto nei livelli manageriali, tranne per qualche episodica buona pratica.

Da prima del 2008, infatti, presso l’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione dell’ex Ministero dello Sviluppo Economico, si svolgevano corsi di sicurezza informatica per dipendenti della Pubblica Amministrazione.

I corsi erano quindi erogati al personale di quel Ministero ed estesi, in un’ottica lungimirante, anche a personale di altri Ministeri o Enti pubblici.

Senza una sufficiente consapevolezza della stessa esistenza del rischio informatico, anche le aziende dovevano fronteggiare pesanti cambiamenti nell’organizzazione aziendale, sfide nuove per la globalizzazione in atto, per le innovazioni introdotte con il forte sviluppo di Internet e del commercio elettronico, senza disporre di adeguate misure di protezione.

La velocità poi con cui le tecnologie hanno mostrato di saper cambiare, ha incrociato una certa lentezza e incapacità di adeguamento anche per concomitanti periodi di crisi economiche che rendevano impossibili investimenti sia nel pubblico che nel privato.

Si sono così acuite le lacune di coloro che a diverso livello dovevano operare su impianti e sistemi complessi e veniva lasciato campo libero a soggetti o gruppi animati da intenti tutt’altro che nobili.

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Solo negli anni 2018-2019, forse anche a motivo della pressione esercitata dall’Unione europea che stava emanando una corposa produzione normativa, (direttiva NIS 2, Cybersecurity ACT, Comunicazione della Commissione sulla esposizione ai rischi cyber della tecnologia 5G, all’epoca in fase di diffusione importante), si sono registrati segnali di attenzione, nemmeno trascurabii, da parte del top management pubblico e privato.

Evoluzione delle competenze digitali verso l’intelligenza artificiale

I  processi avviati, tuttavia, non hanno rallentato la loro evoluzione e la situazione al contorno potrebbe ancora complicarsi in quanto l’evolversi delle tecnologie di intelligenza artificiale porta con sé velocemente esigenze ulteriori legate ai servizi del futuro.

Le competenze digitali nei Rapporti di Draghi e Letta

Servono, già oggi, nuove conoscenze e competenze, e aperture ad inventare lavori nuovi in grado di predisporre al meglio servizi innovativi e fruibili.

Per capire però le esigenze di una situazione in divenire, diventa ineludibile lo studio approfondito del contesto in cui queste esigenze si manifestano.

Due contributi rilevanti, a tal fine, sono rappresentati dai rapporti di Enrico Letta (“Much more than a market”) e di Mario Draghi (“The future of European competitiveness”), rapporti citati peraltro nelle Conclusioni del Consiglio Europeo del 17 ottobre 2024.

Le relazioni dei due ex primi ministri italiani erano state commissionate e presentate in vista del rinnovo delle Istituzioni, della predisposizione dell’agenda strategica 2024-2029; è altresì ragionevole pensare che le indicazioni riportate nelle due relazioni influenzino nel prossimo futuro la definizione del bilancio pluriennale dell’Unione (2028-2034).

Competenze digitali e competitività secondo le direttive europee

Tra le Conclusioni del Consiglio Europeo dell’ottobre 2024, relativamente al capitolo sulla competitività, viene dato seguito alle conclusioni dell’aprile 2024 e, in linea con l’agenda strategica 2024-2029, spicca la richiesta agli Stati Membri di maggiori sforzi proprio al fine di rafforzare la competitività dell’Unione, di potenziare la resilienza economica di quest’ultima, di assicurarne il rinnovamento industriale affinché si manifesti appieno il potenziale del mercato unico, garantendo condizioni di parità a livello sia interno che mondiale.

 

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Il Consiglio sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni efficaci e invita l’insieme delle istituzioni, degli Stati membri e dei portatori di interessi dell’UE, in via prioritaria, a portarsi avanti con i lavori per rispondere alle sfide individuate nelle relazioni di Letta Draghi.

Nelle Conclusioni è ribadito quanto gli sforzi richiesti siano in linea con l’agenda strategica 2024-2029.

A beneficio di una migliore comprensione della portata delle quasi accorate raccomandazioni del Consiglio europeo, giova ricordare che l’agenda strategica contiene le indicazioni per le Istituzioni dell’UE stabilendo le priorità e gli obiettivi strategici per il periodo 2024-2029; quindi i lavori delle istituzioni dell’UE ad essa si ispirano.

Anche in questo documento è sottolineato il proposito di investire in competenze, formazione e istruzione e si incoraggia la mobilità dei talenti entro i confini europei e oltre.

L’obiettivo che si conta di raggiungere è quello di fornire ai cittadini europei la possibilità di ottenere benefici reali dalle nuove tecnologie e vantaggi in termini di inclusione sociale.

La carenza di competenze digitali secondo il rapporto Draghi

Riprendendo il messaggio principale del rapporto Draghi, lo sviluppo della competitività è legato allo sviluppo delle competenze digitali ma anche ad altre di diversa natura.

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Per consentire all’economia di crescere occorre partire, secondo Draghi, dalle principali carenze e criticità che ci sono ormai note: insufficiente preparazione per i neo assunti e scarsa riqualificazione del personale più avanti con gli anni, carenza di competenze manageriali, insufficiente disponibilità di laureati in materie STEM, per i quali invece la preparazione è sempre apprezzata perché di ottima qualità.

Il rapporto Draghi, per fronteggiare questi elementi ostativi alla crescita, suggerisce fra l’altro di intervenire sull’insufficiente utilizzo dei talenti esistenti; riporta inoltre percentuali allarmanti di carenze nelle varie tipologie, riferite all’anno 2023.

Il rapporto tratteggia inoltre una proiezione per il futuro, altrettanto sconsolata, in quanto a motivo degli attesi cambiamenti nel mercato del lavoro potrebbe ragionevolmente anche acuirsi la carenza di lavoratori altamente qualificati.

Infatti, se le proiezioni si avvereranno, al 2035 la carenza di manodopera sarà più pronunciata nelle occupazioni non manuali altamente qualificate (ovvero quelle che richiedono un alto livello di istruzione.

Le imprese della UE, nella percentuale di quasi il 60%, ritengono che la mancanza di competenze rappresenta un”ostacolo importante agli investimenti”.

Tipologie di competenze per lo sviluppo economico europeo

Un focus dal rapporto Draghi sulla tipologia delle competenze che ad oggi sono carenti nel sistema economico e che in prospettiva peraltro potrebbero mutare ulteriormente, fa emergere la seguente serie di competenze indispensabili:

  • competenze digitali
  • competenze verdi
  • competenze specialistiche
  • competenze trasversali
  • competenze manageriali.

Per quanto riguarda le competenze digitali si dovrà proseguire con i progetti di alfabetizzazione, per consentire, in primis, la riduzione del gap culturale in azienda e negli uffici della Pubblica Amministrazione e poi, per migliorare l’accesso ai servizi informatizzati e renderli pienamente fruibili da parte dei cittadini.

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In seconda battuta, come già evidenziato, i lavoratori in servizio già provvisti di competenze digitali avanzate, dovranno implementare le proprie conoscenze con continuità al fine di consentire l’ampliamento di ottime professionalità nei settori delle tecnologie innovative quai l’intelligenza artificiale, la gestione dei dati, la cybersecurity.

Le competenze specialistiche, o “hard skill”, sono quelle che riportano direttamente alle specializzazioni di tipo STEM.

In questo caso il ricorso a professionisti con una qualificazione avanzata in campo matematico, fisico, ingegneristico, diventa cruciale per comprendere appieno la portata delle innovazioni tecnologiche e per contribuire alla loro diffusione.

Per le competenze STEM occorre ribadire che un grande percorso resta ancora da fare per incentivare la partecipazione femminile.

I numeri dei laureati sono ancora troppo elevati nella componente maschile ed è ormai riconosciuto quanto possa incidere favorevolmente una maggiore presenza femminile in termini di competitività, di qualificazione della forza lavoro, di arricchimento per contributi innovativi fin dalle fasi di progettazione nelle applicazioni altamente tecnologiche, di soluzione di problemi complessi.

Se parliamo delle competenze trasversali, invece, si fa riferimento ad una serie di conoscenze note come “soft skill”.

Competenze digitali e trasversali nella gestione del rischio informatico

Oggi che ci troviamo a fronteggiare, per esempio, nel settore della cybersecurity attacchi sempre più complessi e sofisticati, è quanto mai chiaro che nell’impostare le modalità di risposta e nell’organizzazione di misure di prevenzione, servono non solo conoscenze tecnologiche altamente specialistiche ma anche grandi capacità di inquadramento del problema, analisi di tutti i profili, proposte di soluzioni talvolta non convenzionali.

 

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La gestione del rischio informatico, quindi, non richiedendo più soltanto la risoluzione di un problema tecnico, sarà efficace se saprà valutare anche i profili collegati ai fini della più completa protezione degli asset ai quali si riferisce.

Con l’ausilio di molte nuove professionalità, appunto trasversali, che riguardino per esempio la comunicazione, la psicologia, il lavoro di squadra, la creatività, il benessere lavorativo, il pensiero creativo, anche le operazioni di risk management potranno migliorare notevolmente i consueti risultati e fornire contributi inattesi ma importanti in termini di prevenzione.

Infine ricordiamo come le competenze manageriali rappresentino una componente fondamentale in una buona organizzazione del lavoro.

Investire nella figura del manager consente di ambire ad un coordinamento di alto livello, al miglioramento delle attribuzioni dei compiti lavorativi, alla razionalizzazione dell’organizzazione aziendale, all’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali.

La carenza di figure manageriali, secondo il rapporto Draghi, è un pesante handicap soprattutto per le PMI.

L’operazione di recupero delle lacune esistenti per lo sviluppo di interi settori economici appare in sostanza complessa ma urgente.

L’applicazione di metodi di “skill intelligence” per attivare scambi informativi tra Enti, Scuole, Accademie, Università e settore privato, sembra costituire una misura innovativa ed efficace per recepire in maniera diretta le esigenze reali e per concertare le soluzioni più efficaci, a condizione che i flussi di dati siano continui ed esaustivi.

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Competenze digitali nell’anno europeo delle competenze

A partire dal 9 maggio 2023 fino all’8 maggio 2024, l’Unione Europea ha celebrato l’Anno delle Competenze.

Con questa iniziativa è stata rivolta una grossa attenzione alla generazione futura di lavoratori, comprese le categorie che necessitano di maggiore “cura” quali i giovani, le donne e le persone più fragili; la costruzione delle loro professionalità specifiche dovrà essere impostata in modo da poter corrispondere ai bisogni del futuro prossimo , necessari a garantire lo sviluppo verde e digitale dell’Europa, sulla base di un principio di inclusività che sempre più si lega a quello della competitività.

L’Europa ha colto l’occasione di questo Anno delle Competenze per sottolineare quanto sia importante investire in una formazione che preveda sistemi di apprendimento permanente, che abbia inoltre le caratteristiche di accessibilità e inclusività affinché diventi strumento di aiuto a interpretare e gestire la complessità degli anni che stiamo attraversando.

La svolta che va impressa ai tradizionali sistemi di insegnamento, peraltro, è stata presentata dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2006 e riconfermata nel 2018. La capacità di riconoscere con chiarezza i bisogni formativi in relazione alle pesanti innovazioni del mercato del lavoro, e ai nuovi profili della vita sociale, porta a sostenere la necessità di interconnettere, come mai prima, diverse conoscenze e abilità.

Il Consiglio dell’Unione europea aveva negli anni individuato otto competenze basilari che successivamente sono state riviste e aggiornate.

Della maggioranza di esse, aggiornate di recente, si è già parlato; quello che rimane da tenere ben presente è che esse si devono integrare senza limiti o steccati per comporre i nuovi profili professionali e di conoscenze.

La sfida da affrontare attualmente, di sviluppo dei mercati digitale, cyber, dell’IA, impone che si acceleri la composizione di diversi saperi per non compromettere in partenza i risultati attesi in termini di crescita nazionale e di competitività internazionale.

Basti pensare al complicato sistema delle PMI, caratterizzato da una numerosità di aziende molto elevata rispetto ai top Players nei vari ambiti, quali energia, telecomunicazioni, trasporti etc.

Per fronteggiare le minacce cyber, per esempio, le piccole e medie aziende, senza risorse umane particolarmente qualificate, senza risorse strumentali sofisticate, senza una formazione adeguata delle proprie risorse umane, senza la capacità finanziaria per effettuare investimenti importanti finalizzati a organizzare adeguate misure di prevenzione o sistemi efficaci di prevenzione e infine, senza una componente manageriale consapevole del rischio di impresa che si va aggiungendo ai classici rischi generalmente noti a tutti, hanno rappresentato e rappresentano tuttora l’anello debole di una catena molto estesa che invece vuole e deve proteggersi in termini di sicurezza informatica, senza confini territoriali o di sviluppo imprenditoriale.

Le direttive europee per il rafforzamento delle competenze digitali

La direttiva NIS prima e la direttiva NIS 2, che l’ha sostituita ampliando l’ottica da considerare nel predisporre meccanismi di difesa, di innalzamento della resilienza e di capacità di dialogare con gli altri attori dell’ambito in cui ogni soggetto si trova ad operare, non si possono applicare correttamente e non possono dispiegare i propri benefici se si prescinde da investimenti reali nelle dimensioni indicate, e fra queste dimensioni quella delle competenze del proprio personale assume importanza primaria.

Le competenze nel rapporto Letta

L’alternativa oggi non esiste, se non si vuole giocare una partita troppo rischiosa.

Per tornare alla spinta dell’Unione Europea nell’anno delle competenze conclusosi da poco, appare interessante un breve accenno al Rapporto Letta “Much more than a market” rilasciato nell’aprile 2024.

Il lavoro, commissionato a Enrico Letta dalla Commissione Europea, si è posto l’obiettivo di analizzare il mercato interno all’Unione e di fornire indicazioni su come sia possibile rafforzarlo, ponendo attenzione allo sviluppo della transizione verde e digitale e ai diversi loro profili affinché queste trasformazioni avvengano in maniera equa e sicura.

Inoltre il rapporto Letta intende fornire suggerimenti per promuovere, nell’ambito dei processi considerati, l’occupazione, la coesione e la massima cura della dimensione sociale che potrebbe risentire negativamente di passaggi epocali e altamente complessi.

Come citato più volte, un punto di partenza a livello europeo nel percorso di crescita della consapevolezza dell’importanza di possedere competenze adeguate alle esigenze del mondo del lavoro radicalmente trasformato, senza trascurare la dimensione della vita sociale ormai parimenti impegnativa, si può far risalire al 2020, anno in cui è stata lanciata l’Agenda delle Competenze.

Nella Comunicazione della Commissione che risale al 30 giugno 2020 e ha il titolo “European skills agenda for sustainable competitiveness, social fairness and resilience”, si legano le competenze alla competitività sostenibile, all’equità sociale e alla resilienza.

Con la European skills agenda rilasciata nel luglio 2020, alcuni obiettivi davvero ambiziosi sono ricompresi nelle 12 azioni che devono essere perseguite nel quinquennio 2020-2025, e moltissime iniziative di formazione riguardano il miglioramento delle competenze esistenti mentre altre sono volte all’acquisizione di nuove competenze.

Fra i destinatari troviamo oltre ai giovani, adulti con bassa qualificazione, adulti disoccupati e altre categorie.

Sulla base delle iniziative citate, che costituiscono una prima risposta alle sfide lanciate sia dalle innovazioni tecnologiche che dalla pandemia, la Commissione europea ha stabilito di avviare nei primi 100 giorni un’altra iniziativa che si lega alle precedenti denominata “Unione delle Competenze”.

L’obiettivo dichiarato dell’Unione delle Competenze, resa pubblica il 5 marzo 2025, è quello di sostenere lo sviluppo del capitale umano per rendere l’Unione europea più competitiva.

Appare chiara la consapevolezza che il percorso delineato dai rapporti Draghi e Letta va ulteriormente calato nelle realtà degli Stati Membri, se possibile con più urgenza e determinazione di quanto avvenuto finora.

Per questo le scelte indicate come nuovi traguardi da raggiungere entro il 2030 riguardano il potenziamento dell’alfabetizzazione, un piano strategico relativo alle materie STEM, sia per promuovere ancora più decisamente le carriere STEM che per attrarre verso di esse più ragazze e donne riducendo così il grave divario di genere, ed infine privilegiando la formazione necessaria per la transizione digitale e delle tecnologie verdi.      

Nell’iniziativa appena varata si registrano, fra gli altri, alcuni impegni finora mai considerati, quali quello della portabilità delle competenze oppure l’ambizione a rendere l’UE attrattiva per i talenti, anche provenienti da altri continenti.

Per entrambe le fattispecie, sarà interessante conoscere gli sviluppi degli investimenti a loro carico; le aspettative sono sicuramente elevate.

Il rafforzamento delle competenze in Italia

Intanto è stato anticipato che per alcune azioni specifiche ci saranno consistenti finanziamenti e le prime offerte di condizioni di lavoro e di prospettive di carriera molto favorevoli per talenti che vogliano scegliere l’Europa.

In Italia il Decreto di riparto delle risorse alle istituzioni scolastiche in attuazione della linea di investimento 3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi” nell’ambito della Missione 4 – Istruzione e Ricerca – Componente 1 – “Potenziamento dell’offerta dei servizi all’istruzione: dagli asili nido all’Università” del Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU rappresenta una misura applicativa di allineamento con quanto previsto a livello comunitario, con particolare riguardo alla Agenda delle Competenze, sopra richiamata.

E’ auspicabile che la previsione del DM, relativa alla “realizzazione di percorsi didattici, formativi e di orientamento per alunni e studenti finalizzati a promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze STEM, digitali e di innovazione, nonché quelle linguistiche, garantendo pari opportunità e parità di genere in termini di approccio metodologico e di attività di orientamento STEM, anche sulla base di quanto previsto dai commi 547-554 della legge 29 dicembre 2022, n. 197” incida significativamente sulla formazione di base, con i fondi del PNRR.

L’iniziativa Women4Cyber Italia

In parallelo, eventuali iniziative di Accademie formative lanciate in ambito privato oppure  corsi di formazione tematici organizzati da Associazioni del Terzo Settore, quali per esempio quelli in fase di avvio da parte di Women4Cyber Italia, come pure mentorship realizzabili su piattaforma europea quale quella gestita dalla fondazione Women4Cyber-eu per i 31 capitoli nazionali, possono favorire conoscenze e competenze specialistiche, arricchendo il panorama formativo e culturale negli ambiti ad elevata cifra di innovazione tecnologica.

Una esperienza interessante e insolita, anticipatrice di un format ormai diffuso, è stata sostenuta nel 2021, su invito dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni, agenzia dell’ONU, dalla scrivente e dalla Dott.ssa Isabella Corradini in qualità di “Mentor”, in occasione dell’avvio dell’iniziativa di Mentorship nell’ambito del Programma ITU-D “Women in Cyber”.

La prima edizione del programma, che era organizzato congiuntamente da ITU, dal Forum of Incident Response and Security Teams (FIRST) e da EQUALS.

La partecipazione al programma prevedeva l’assegnazione di due o più ragazze di vari continenti ad ogni singola Mentor, (in totale 20 professioniste o esperte) per presentare alle giovani le opportunità di valido inserimento lavorativo nel settore, discutendo nel contempo di soft e hard skills che sarebbe stato consigliato possedere per sviluppare eventuali percorsi di carriera.

L’idea di base perseguiva l’obiettivo di lavorare in gruppo guidando nel contempo giovani ragazze in un settore nuovo nel quale si potesse sviluppare una sorta di solidarietà tra figure femminili senior e junior.

L’iniziativa, analizzata poi con i feedback ricevuti, costituì un momento di interessante e insolito confronto.

Il programma, da allora, in varie edizioni, ha coinvolto alcune centinaia di ragazze provenienti da 73 Paesi (Africa, Asia-Pacifico, Arabia); parecchie ragazze hanno riferito di essere riuscite ad entrare nel settore cyber anche grazie all’esperienza di mentorship, e il 98% raccomandava la partecipazione al Programma.

Con le sfide che anche l’Intelligenza Artificiale ci presenta quasi quotidianamente, la formazione specialistica dovrà trovare soluzioni nuove per essere efficace e vicina alle realtà, e richiederà grande preparazione e responsabilità a chi si troverà ad impartirla.



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