Parlare di economia nature positive è una questione essenziale, dato che oltre il 50% del Pil mondiale totale dipende dalla natura e dai suoi servizi, ricorda il World Economic Forum. Tradotto in cifre, si tratta di 44mila miliardi di dollari di generazione di valore economico. Cifre a parte, c’è bisogno di tutelare e salvaguardare la natura, e l’esistenza stessa di ambienti naturali (o habitat) come foreste, praterie, lagune, sistemi fluviali, in quanto essenziali alla vita sulla Terra. L’impatto negativo della perdita di biodiversità è forte: più di un milione di specie si trova sull’orlo dell’estinzione. Da qui occorre sostenere e promuovere la ricchezza di vita sulla terra, con un impegno anche economico forte e chiaro. E l’economia nature positive può fare le differenza. Scopriamo perché.
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Economia nature positive: una definizione
A questo punto è bene comprendere cos’è l’economia nature positive e cosa significa concretamente. Secondo la definizione fornita dal Cambridge Institute for Sustainability Leadership, un’economia positiva per la natura è quella in cui aziende, governi e altri soggetti agiscono su larga scala per ridurre e rimuovere i fattori e le pressioni che alimentano il degrado della natura e lavorano per migliorare attivamente il suo stato e i servizi ecosistemici che fornisce.
Perché abbiamo bisogno dell’economia nature positive
Abbiamo disperatamente bisogno dell’economia nature positive. L’economia influenza infatti la maggior parte delle decisioni prese da governi, aziende e individui. Per questo la stessa associazione pone, come obiettivo, che entro il 2030 le decisioni prese da tutte le aziende guidino il passaggio a un’economia nature positive. Il rischio nel mancato obiettivo è di una perdita irrecuperabile di specie e a un declino dei servizi ecosistemici vitali, come aria e acqua pulita, su cui facciamo tutti affidamento.
“Un‘economia Nature Positive comporterà un cambiamento in tutta la società e un drastico cambiamento nel nostro approccio alla definizione delle politiche economiche”, ha rilevato la Lo la Royal Society for the Protection of Birds, la più grande organizzazione per la protezione degli animali in Europa, con più di un milione di membri.
Un’economia che lavora per affrontare la perdita di biodiversità e migliorare il benessere di tutti permette di arrestare la perdita di ecosistemi naturali critici. Solo relativamente al Regno Unito, dove la stessa storica società ha sede, si potrebbe proteggere e ripristinare almeno il 30% del territorio, delle acque interne, delle coste e degli oceani.
Occorre riflettere pienamente sul valore della natura in tutti i processi decisionali in modo che le persone, i governi e le aziende siano motivati a migliorare la natura, potendo affrontare le sfide climatiche, sempre più ardue.
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Cosa si sta facendo per implementare un’economia nature positive
Ma cosa sta succedendo concretamente? Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza dell’importanza della biodiversità e degli ecosistemi per il benessere umano e la stabilità economica ha spinto imprese e organizzazioni internazionali a ripensare i modelli di sviluppo. Implementare un’economia nature positive significa adottare strategie che non solo riducano l’impatto ambientale, ma che contribuiscano attivamente al ripristino della natura. In questa direzione, sono già in atto numerose iniziative, politiche e partnership volte a integrare il valore del capitale naturale nelle decisioni economiche, promuovendo innovazione, responsabilità e sostenibilità a lungo termine. Qui di seguito qualche esempio.
Cop 16 a Roma: l’accordo stipulato e le cifre a favore dell’ambiente
Il tema dell’economia nature positive è stato affrontato in occasione della Cop16, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (Cbd). I governi presenti hanno concordato la strategia per raccogliere i fondi necessari per proteggere la biodiversità e raggiungere gli obiettivi d’azione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KMGBF), portando a termine con successo i lavori della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, COP16, sospesa a Cali, Colombia nel 2024.
Approvato da 196 paesi alla COP 15 nel 2022, il KMGBF stabilisce un obiettivo ambizioso per fermare e invertire la perdita di natura entro il 2030. Ma l’ultimo Global Risks Report del World Economic Forum evidenzia i rischi ambientali, tra cui la perdita di natura, come tra le minacce più gravi che il mondo dovrà affrontare nel prossimo decennio. Vale la pena segnalare, per esempio, che i pozzi di assorbimento del carbonio, presenti in natura, come foreste e gli oceani, hanno assorbito circa il 55% delle emissioni annue di carbonio antropogeniche nel 2019. Ma questi ecosistemi sono sempre più minacciati dalla deforestazione, dal degrado marino e dall’erosione del suolo.
Tra i punti forti del Framework, l’istituzione di un fondo, il Global biodiversity framework fund, per colmare il gap finanziario di 700 miliardi di dollari all’anno da impiegare per la conservazione della biodiversità. L’accordo siglato a Roma conferma la creazione di un flusso di finanziamenti internazionali che dovrà passare dai 20 miliardi all’anno previsti per il 2025 ai 30 miliardi entro il 2030. “L’intenzione resta però quella di fare il possibile per mobilitare 200 miliardi di dollari l’anno”, ha sottolineato ASviS.
Le raccomandazioni delle Nazioni Unite al G20
Il valore immenso costituito dalla natura è stato messo in evidenza a luglio 2024 dalle Nazioni Unite, attraverso United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI), che ha presentato tre documenti di input al G20 Sustainable Finance Working Group, sostenendo un’economia positiva per la natura e una giusta transizione.
Composto da 19 paesi e dall’Unione Europea, il G20 rappresenta collettivamente l’85% dell’economia globale, il che lo pone in una posizione privilegiata per fare una vera differenza nell’economia globale attraverso la cooperazione. Allo stesso tempo, i paesi del G20 sono anche responsabili del 76% delle emissioni di gas effetto serra.
Da qui, l’UNEP ha posto alcune raccomandazioni chiave in cui i paesi del Gruppo possono agire. La prima riguarda la necessità di migliorare la trasparenza nella divulgazione di informazioni relative alla natura e nei piani di transizione giusta nel settore aziendale e finanziario. Inoltre, c’è bisogno di supportare le Pmi nella valutazione e nella segnalazione volontaria di problematiche legate alla natura, in particolare nei mercati emergenti. Le piccole e medie imprese costituiscono circa il 90% delle aziende e rappresentano il 50% dell’occupazione mondiale secondo la Banca Mondiale. Molte di esse sono integrate nelle catene di fornitura globali di aziende più grandi. Tuttavia, spesso non hanno le conoscenze e la larghezza di banda per adottare misure efficaci per affrontare autonomamente gli impatti e le dipendenze ambientali.
Un’altra raccomandazione riguarda l’opportunità di sviluppare tassonomie di finanza sostenibile interoperabili e rispettose dell’ambiente. Queste classificazioni di attività economico-finanziario offrono ai Paesi un modo per garantire che le attività, i progetti e le entità locali etichettati come “verdi”, “sociali” e “sostenibili” diano un contributo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi internazionali e delle strategie e priorità di sviluppo nazionale.
Sostenere prodotti di investimento e mercati credibili per soluzioni basate sulla natura (Nature-based solutions) compreso il rafforzamento dell’integrità del mercato per crediti credibili sulla biodiversità, è un’ulteriore raccomandazione UNEP, unita alla necessità di adattare gli approcci normativi ai contesti locali.
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Economia nature positive: perché puntare sull’economia circolare
Promuovere un’economia nature positive puntando sull’economia circolare può rivelarsi prezioso per l’ambiente, ma anche per l’economia. Lo ha evidenziato uno studio condotto dalla Ellen MacArthur Foundation sull’Europa, che si concentra sull’ambiente edificato in Europa ed esplora come una nature positive circular economy nel settore sia in grado di sbloccare un’enorme opportunità economica per il Vecchio Continente, aumentando la resilienza, la competitività e la vivacità delle sue città.
La salute della nostra economia si basa sulla salute della natura, ma la natura è stata sfruttata eccessivamente e sottovalutata, e sta declinando a un ritmo senza precedenti. Ciò deve cambiare.
“Una vera economia circolare è positiva per la natura per progettazione e offre un percorso verso un’economia resiliente e risultati migliori per gli individui e la società”. Sfruttando il potere della natura e passando da un modello ad alta intensità di risorse a uno che separa gradualmente le attività economiche dal consumo di risorse finite, l‘economia circolare può offrire vantaggi in tutti i settori e aiutare a raggiungere gli obiettivi climatici e di biodiversità.
Come riuscirci? Attraverso sei strategie, capaci – insieme – di sbloccare 575 miliardi di euro di potenziali entrate annuali lungo la filiera dell’ambiente costruito. Esse sono:
- riqualificare i siti già edificati, e abbandonati;
- convertire gli edifici commerciali vuoti;
- aumentare le chiome degli alberi;
- espandere gli spazi verdi e blu;
- impiegare un design efficiente per i materiali;
- utilizzare materiali a basso impatto.
Quali benefici possono portare lo stima, con tanto di numeri, lo stesso report. Rivitalizzare terreni e risorse, concentrandosi sulla riqualificazione di siti industriali abbandonati e sulla conversione di edifici commerciali abbandonati potrebbe aiutare a evitare 7.700 kmq di espansione urbana, insieme alle emissioni di CO2 associate e agli impatti sulla biodiversità.
Massimizzare la natura nelle città, aumentando strategicamente le chiome degli alberi ed espandendo gli spazi verdi e blu aggiungendo più aree di acqua e vegetazione in tutto il paesaggio urbano può aggiungere 8.500 kmq di spazio verde alle città europee e aumentare la resilienza agli effetti del cambiamento climatico.
Ottimizzare la progettazione degli edifici e l’approvvigionamento dei materiali: impiegando una progettazione efficiente dei materiali e utilizzare materiali a basso impatto, inclusi materiali riutilizzati o riciclati, alternative a base biologica e a basse emissioni di CO2, può ridurre di 500 kmq il terreno utilizzato per estrarre materiali da costruzione ed evitare grandi quantità di emissioni difficili da ridurre.
Andrea Ballocchi
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