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Turchia: Erdoğan alla prova delle piazze


Dopo l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoğlu la Turchia è stata teatro di ampie proteste antigovernative, mentre nel paese si è accresciuta la polarizzazione tra le forze politiche e si è intensificata la stretta autoritaria nei confronti delle voci di dissenso. Sul piano esterno, Ankara sta cercando tanto di trarre vantaggio dalla posizione acquisita in Siria dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad quanto di fare leva sul ruolo di partner affidabile nel settore della difesa per i paesi europei in una fase di ridefinizione dell’impegno statunitense. Nei rapporti con Washington sembra invece profilarsi una svolta anche alla luce delle affinità e dei buoni rapporti personali tra Recep Tayyip Erdoğan e Donald Trump.

 

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Quadro interno

L’arresto del popolare sindaco di Istanbul Ekrem Imamoğlu lo scorso 19 marzo ha provocato un vero e proprio terremoto politico in Turchia. Per settimane imponenti manifestazioni di protesta hanno attraversato la megalopoli sul Bosforo e le principali città del paese. Sono soprattutto i giovani a essere scesi in piazza per sostenere Imamoğlu e anche per esprimere tutto il loro malcontento nei confronti del governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan e di politiche sempre più restrittive delle libertà e degli spazi di dissenso. Era dal 2013, cioè dai tempi di Gezi Park, che in Turchia non si vedevano proteste antigovernative così ampie. Anche in questo caso, come allora, la risposta delle autorità è stata decisa: oltre al blocco dei social network[1], si conterebbero migliaia di fermi e centinaia di arresti[2], tra cui diversi giornalisti sia turchi sia stranieri[3]. Confermato per un secondo mandato consecutivo nelle amministrative del 2024 con un consenso trasversale che è andato ben oltre la base elettorale del Partito repubblicano del popolo (Chp), Imamoğlu ha visto crescere la propria popolarità nel paese. Secondo un recente sondaggio[4], il sindaco di Istanbul sarebbe infatti preferito, con il 57,2% dei voti, a Erdoğan (42,7%) in un eventuale secondo turno alle elezioni presidenziali. Non sembra dunque essere un caso che l’arresto sia avvenuto all’indomani dell’annullamento del suo diploma di laurea per irregolarità amministrative nel trasferimento all’Università di Istanbul[5] e a pochi giorni dalle primarie del Chp per la designazione del candidato del partito alle presidenziali previste per il 2028[6]. Se il leader della principale forza dell’opposizione Özgür Özel ha definito l’arresto per corruzione di Imamoğlu un “colpo di stato”[7], sono in molti a ritenere che si tratti di un atto di natura politica per mettere fuori dai giochi la figura più accreditata come principale rivale di Erdoğan[8], nonché per sottrarre la gestione di Istanbul, cuore finanziario e culturale della Turchia, al Chp. Tuttavia, il venir meno dell’accusa di terrorismo nei confronti di Imamoğlu ha evitato la nomina di un commissario governativo alla guida di Istanbul per la quale il consiglio municipale, a maggioranza Chp, ha invece eletto ad interim un altro esponente del partito, Nuri Aslan[9]. Sullo sfondo della forte stretta giudiziaria nei suoi confronti – altri esponenti e amministratori locali del Chp sono stati arrestati negli ultimi tempi –, il principale partito di opposizione ha rieletto Özel presidente al congresso straordinario svoltosi il 6 aprile[10].

Se la doppia sconfitta elettorale nella megalopoli turca rimane una ferita ancora aperta per il presidente turco, che proprio qui ha iniziato la sua carriera come primo cittadino, la partita politica è ben più grande. In gioco ci sarebbe la riforma della Costituzione e del limite dei due mandati per il capo dello stato. Erdoğan, che di fatto è al terzo mandato essendo stato eletto per la prima volta nel 2014 dall’Assemblea nazionale, punterebbe a rimanere in carica per altri cinque anni dopo il 2028. Tuttavia, gli mancano in numeri necessari in parlamento per procedere a una riforma costituzionale o per sottoporla a referendum (come avvenuto nel 2017). L’indizione di elezioni anticipate, per la quali spinge il Chp che ha lanciato una petizione raccogliendo finora oltre 7 milioni di firme[11], consentirebbe al presidente di correre per un nuovo mandato. Ma questa è una strada percorribile solo con una maggioranza parlamentare di 360 voti su 600 di cui né l’alleanza di governo né le opposizioni al momento dispongono[12].

Nell’ottica di guadagnare il sostegno dei curdi – circa il 15-20% della popolazione della Turchia – sia nel paese sia in seno all’Assemblea nazionale si inserisce la cosiddetta “iniziativa senza terrore”[13] promossa lo scorso ottobre dal leader del Partito del movimento nazionalista Devlet Bahçeli, alleato di Erdoğan, per la soluzione dell’annosa questione curda[14]. Grazie al dialogo e alla mediazione portati avanti dal filo-curdo Partito dell’uguaglianza e della democrazia dei popoli (Dem) si è giunti, il 27 febbraio, allo storico appello con cui Abdullah Öcalan, fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in prigione dal 1999, ha esortato l’organizzazione a deporre le armi e a sciogliersi[15]. In risposta il Pkk ha prontamente dichiarato il cessate il fuoco e mostrato apertura verso le richieste di Öcalan, ma ha anche posto la liberazione del leader curdo come condizione per la convocazione del congresso che dovrà decidere del suo scioglimento[16]. Se si tratta indubbiamente di una svolta che potrebbe mettere fine a quarant’anni di scontro con lo stato turco, manca ancora una chiara roadmap del processo di pace e c’è incertezza su quali saranno le prossime tappe del processo di smantellamento del Pkk che in Turchia, Unione europea (UE) e Stati Uniti viene considerata un’organizzazione terroristica. A dimostrazione dell’interesse del governo a portare avanti il processo di pace con i curdi in una fase in cui la leadership turca è messa in discussione dalle proteste di piazza, il 10 aprile il presidente Erdoğan ha incontrato una delegazione del Dem composta da Pervin Buldan e Sırrı Süreyya Önder in quello che è stato il primo meeting con esponenti di formazioni curde dopo 13 anni[17]. Se da parte curda l’incontro è stato definito positivo, resta da vedere quale sarà l’impegno del governo ad andare oltre le manovre tattiche di breve termine per promuovere un effettivo processo di riconciliazione politica con la minoranza curda. L’apertura del dialogo con i curdi non ha però fermato le operazioni militari turche contro basi e postazioni del Pkk, soprattutto nell’area delle montagne di Qandil nel nord dell’Iraq[18]. Al contempo, un certo scetticismo sembra prendere il posto dell’entusiasmo iniziale nella comunità curda di fronte a un processo che stenta a decollare.

Sul piano economico, l’arresto del sindaco di Istanbul ha avuto contraccolpi immediati sulla lira turca, che si è fortemente deprezzata nei confronti del dollaro, e sui mercati, preoccupati della nuova ondata di instabilità politica proprio quando l’economia turca stava iniziando a stabilizzarsi dopo anni di crisi. Infatti, il ritorno a una politica economica ortodossa e a una politica fiscale più restrittiva, intrapreso dal ministro del Tesoro e delle Finanze Mehmet Şimşek dal suo insediamento nel 2023, aveva iniziato a dare i primi risultati. A febbraio l’inflazione si è attestata al di sotto del 40%, per la prima volta in quasi due anni, e ha continuato a scendere al 38% a marzo[19]. Indubbiamente, l’alta inflazione rimane la principale debolezza dell’economia turca, e una criticità sul piano politico. Anni di aumento dei prezzi al consumo hanno infatti eroso il potere d’acquisto dei cittadini, accresciuto la povertà nonché allontanato molti elettori dal partito di Erdoğan, come ha dimostrato chiaramente la sconfitta del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) alle elezioni amministrative del 2024. Se dunque l’attuazione del programma subisce inevitabilmente gli effetti degli sviluppi politici nel paese, il ministro delle Finanze ha cercato di rassicurare sia gli investitori sia l’opinione pubblica turca sull’uso di tutti gli strumenti disponibili per mitigare quella che ha definito una temporanea volatilità del mercato. Tra questi l’utilizzo di 25 miliardi di dollari delle ricostituite riserve valutarie da parte della Banca centrale per sostenere la valuta nazionale in caduta libera, con un cambio di 40 lire per un dollaro nel suo punto più basso[20].

Relazioni esterne

La stabilità della Siria post-Assad rimane la priorità della Turchia sul piano regionale. Qui, più che altrove, infatti gli interessi di Ankara, soprattutto in materia di sicurezza[21], sono strettamente legati all’evoluzione e alle dinamiche politiche di un paese che fatica a trovare la strada della stabilizzazione. In un’ottica securitaria, Ankara ha accolto con favore l’accordo siglato tra il governo di Ahmed al-Shara’ e l’Esercito democratico siriano (Sdf), le forze a maggioranza curda che controllano il nord-est del paese, con l’obiettivo di integrare quest’ultimo nelle istituzioni del nuovo stato siriano. Se l’accordo risulta di non facile implementazione, dalla prospettiva turca il ridimensionamento delle istanze autonomiste curde e l’integrazione della componente curda all’interno del processo di ricostruzione della nuova Siria risulta cruciale per eliminare quella che Ankara considera una minaccia alla propria sicurezza nazionale. Lo dimostra la pronta visita del ministro degli Esteri Hakan Fidan, accompagnato dal ministro della Difesa Yaşar Güler e dal capo dell’intelligence İbrahim Kalın, a Damasco a metà marzo[22]. La questione curda rimane infatti centrale nei rapporti tra i due paesi, sebbene l’apertura del dialogo con Öcalan per rilanciare il processo di pace in Turchia non sembri avere ricadute dirette sul contesto siriano.

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Se la Turchia ha rafforzato il proprio ruolo in Siria, occupando spazi lasciati da altri attori regionali come l’Iran, anche la Siria guarda ad Ankara con rinnovato interesse. Il rafforzamento della cooperazione bilaterale è stato al centro dell’incontro di Erdoğan con il presidente siriano Ahmed al-Shara’ ad Ankara a inizio febbraio[23]. Mentre in ambito economico la Turchia punterebbe a ripristinare l’accordo di libero scambio in vigore prima dello scoppio del conflitto civile siriano nel 2011[24] – da parte turca, tra l’altro, non è stato apprezzato l’innalzamento al 300% dei dazi alle proprie esportazioni in Siria –, sul piano della difesa Ankara ha offerto assistenza e addestramento alle forze siriane in materia di antiterrorismo[25]. A questo riguardo, sembra puntare tanto alla costruzione di una base militare[26] quanto al controllo della base aerea di Tiyas nella parte centrale del paese[27]. Una presenza militare turca in Siria, al di là delle aree del nord che controlla da tempo, servirebbe a un duplice obiettivo. Innanzitutto, la Turchia punta a contrastare lo Stato islamico (IS). A questo scopo Ankara sta lavorando con Damasco, Baghdad e Amman alla creazione di una coalizione militare[28] che in prospettiva possa subentrare alle forze statunitensi in caso di un loro ritiro o ridimensionamento, scenario non inverosimile sotto la presidenza Trump. In secondo luogo, c’è l’interesse a contenere Israele, che dalla caduta di Assad non ha esitato a bombardare siti militari e arsenali siriani per indebolire la capacità offensiva del nuovo regime nonché a creare una zona cuscinetto al di là delle Alture del Golan per rafforzare la sua frontiera terrestre. Tuttavia, la prospettiva di una accresciuta presenza militare turca in Siria è uno scenario che a sua volta preoccupa Israele, che non intende perdere la propria libertà di manovra nello spazio aereo siriano. Sebbene il rischio che il paese possa diventare terreno di scontro tra Turchia e Israele non appaia inverosimile, Ankara e Tel Aviv sembrano intenzionate a evitare un’escalation militare. Lo scorso 9 aprile i due paesi, grazie alla mediazione dell’Azerbaigian, hanno infatti avviato un primo round di colloqui volto a costituire un meccanismo di coordinamento e prevenzione degli incidenti[29].

Si tratta di un passo importante che giunge all’indomani dell’incontro del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu con il presidente americano Donald Trump alla Casa Bianca. Nell’occasione Trump non solo non ha mancato di rimarcare i suoi buoni rapporti con il presidente turco ma si è anche offerto di fungere da intermediario tra i due paesi – entrambi alleati di Washington nella regione – per appianare le tensioni bilaterali riaccesesi dopo il 7 ottobre[30]. In precedenza, a metà marzo, l’intesa emersa nella telefonata tra il presidente turco e il suo omologo statunitense sembra avere avviato una nuova fase nelle relazioni tra Ankara e Washington, anche se resta ancora da vedere come queste evolveranno sul piano concreto. Sulla guerra a Gaza le posizioni rimangono diametralmente opposte, con Erdoğan fortemente critico di Israele e del piano di Trump per la Striscia. La distanza potrebbe invece ridursi in Siria, sebbene qui sia difficile prevedere in che misura e per quanto tempo rimarranno ancora le truppe americane – circa 2.000 soldati – stanziate in funzione anti-IS. Da parte turca ci sarebbe inoltre un pressing sugli Stati Uniti per la totale eliminazione delle sanzioni americane adottate nei confronti del regime di Assad. Facendo leva sull’affinità di vedute con l’attuale inquilino della Casa Bianca, il presidente turco punta anche alla rimozione delle sanzioni all’industria turca della difesa imposte da Washington nel 2020, nell’ambito del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (Caatsa), in risposta all’acquisto da parte di Ankara del sistema di difesa missilistico russo S-400 nonché al reintegro nel programma degli F-35 da cui era stata rimossa nel 2019 per le stesse ragioni[31].

Nell’ottica di ammodernare la propria flotta aerea Ankara sta continuando i negoziati con il consorzio di quattro paesi europei (Germania, Italia, Regno Unito e Spagna) per l’acquisizione di jet Eurofighter Typhoon, dopo che lo scorso ottobre Berlino aveva rimosso il proprio veto[32]. A inizio marzo invece l’azienda turca Baykar ha concluso un accordo con l’italiana Leonardo per la creazione di una joint venture per la produzione congiunta di droni[33]. La cooperazione nel settore della difesa è stata tra i temi discussi dal ministro della Difesa Guido Crosetto con il suo omologo turco nel corso della visita effettuata ad Ankara a inizio aprile. Precedentemente, sicurezza e difesa europee erano state al centro dei colloqui tra Erdoğan e il primo ministro polacco Donald Tusk che a marzo si è recato in Turchia, anche in rappresentanza dell’Unione europea di cui la Polonia ha la presidenza di turno. In un contesto di ridefinizione della sicurezza in Europa e alla luce della necessità di potenziare la difesa del vecchio continente di fronte al dichiarato riposizionamento statunitense, la Turchia – con il secondo più numeroso esercito all’interno della Nato e un’industria della difesa in espansione – emerge, e ha anche interesse a presentarsi, come partner necessario per i paesi europei. Di recente, inoltre, il presidente turco ha rimesso sul tavolo la membership dell’Unione europea (UE) come obiettivo di Ankara, sebbene l’ingresso della Turchia nell’UE da tempo non sia tema di discussione a Bruxelles. Allo stesso tempo, la Turchia si è mostrata aperta all’invio di truppe all’interno di una forza di peacekeeping delle Nazioni Unite in Ucraina in occasione dell’incontro di Erdoğan con il presidente Volodymyr Zelensky lo scorso febbraio[34]. Sebbene non sieda al tavolo dei negoziati tra Stati Uniti e Russia per la cessazione della guerra in Ucraina, il presidente turco mira comunque a svolgere un ruolo di facilitatore nei futuri negoziati di pace con Mosca e nella costruzione di una nuova architettura di sicurezza. Fin dall’invasione russa dell’Ucraina, la Turchia ha cercato di mantenere aperti i canali diplomatici con entrambe le parti, nonostante i suoi sforzi di mediazione abbiano finora avuto risultati limitati.


[1] R. Soylu (@ragipsoylu, X), “Turkish government is throttling access to the social media sites including X, TikTok, Instagram and YouTube as police raids Istanbul mayor Imamoglu’s residence this morning”, 19 marzo 2025.

[2]Turkey makes 11 arrests over shopping-boycott campaign in support of Istanbul’s imprisoned mayor”, AP, 3 aprile 2025.

[3] U. Yilmaz, “Turkey Deports BBC Reporter Who Covered Istanbul Mayor Protests”, Bloomberg, 27 marzo 2025.

[4]İstanbul mayor leads Erdoğan in possible second round of presidential election: survey”, Turkish Minute, 18 febbraio 2025.

[5] La laurea è un requisito richiesto ai candidati alle elezioni presidenziali in Turchia.

 

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[6] 15 milioni di persone hanno votato per Imamoğlu alle primarie che si sono svolte il 23 marzo, lo stesso giorno in cui è stato convalidato l’arresto del sindaco con l’accusa di corruzione, ma non di terrorismo come inizialmente avanzato.

[7] https://x.com/herkesicinCHP/status/1902323646279872836

[8] A.T. Kuru, “Arrested and stripped of degree: Twin moves to bar Istanbul mayor from ballot suggests Turkey’s Erdogan is really worried this time”, The Conversation, 19 marzo 2025.

[9]Turkey’s opposition elects interim Istanbul mayor after Imamoglu’s jailing”, Reuters, 26 marzo 2025.

[10]Turkish opposition party re-elects chairman following arrest of Istanbul mayor”, AP, 6 aprile 2025.

[11]Turkey’s main opposition leader vows to fight Erdoğan ‘until the end’”, Turkish Minute, 10 aprile 2025.

[12]Justice minister says Erdoğan could run for presidency again if parliament calls early elections”, Turkish Minute, 12 marzo 2024.

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[13]Terror-free Türkiye: An initiative to end PKK violence”, Daily Sabah, 10 gennaio 2025. Si veda su questa questione V. Talbot, “Turchia: la partita curda”, in Focus Mediterraneo allargato n. 9 ns, ISPI (a cura di) per Osservatorio di politica internazionale di Parlamento e Maeci, gennaio 2025.

[14] S. Cevik, “A New Phase in Turkey’s Kurdish Conflict: Ocalan’s Call and Its Implications”, The Arab Center Washington D, 12 marzo 2025.

[15] A. Zaman, “End of an era? PKK leader Ocalan orders militants to end war with Turkey, ‘dissolve’”, Al-Monitor, 27 febbraio 2025.

[16]PKK Responds to Ocalan’s Call, Announces Ceasefire”, Kurdistan24, 1 marzo 2025.

[17]Erdoğan meets with pro-Kurdish party delegation for first time in 13 years”, Turkish Minute, 10 aprile 2025.

[18] D. Butler, “In Turkey’s Kurdish heartland, distrust erodes peace process hopes”, Reuters, 31 marzo 2025.

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[19] Turkish Statistical Institute, Consumer Price Index, March 2025.

[20] J. Cotterill e C. Mourselas, “Foreign investors wary of Turkey despite $25bn lira intervention”, Financial Times, 28 marzo 2025.

[21] Si veda V. Talbot, Turchia: la partita curda, cit.

[22] E. Akin, “Senior Turkey delegation visits Syria following Sharaa-SDF deal”, Al-Monitor, 13 marzo 2025.

[23] S. Al-KhalidiM. GebeilyK. Ashawi, “Exclusive: Syria’s Sharaa to discuss defense pact with Turkey’s Erdogan, sources say”, Reuters, 4 febbraio 2025.

[24] R. Soylu, “Turkey and Syria agree on roadmap to revive trade”, Middle East Eye, 24 gennaio 2025.

[25] R. Soylu, “Turkey offers military aid to Syria for counterterrorism during unprecedented Ankara visit”, Middle East Eye, 15 gennaio 2025.

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[26]Turkey mulls building new military base to train forces in Syria”, The New Arab, 29 marzo 2025.

[27] R. Soylu, “Turkey moves to take control of Syria’s strategic T4 air base: Sources”, Middle East Eye, 1 aprile 2025.

[28] E. Akin, “Turkey, Jordan, Iraq to hold first anti-ISIS summit this month: Turkish official”,  Al-Monitor, 10 febbraio 2025.

[29] E. Akin e R. Bassist, “Fidan says Turkey-Israel deconfliction talks over Syria underway: What to know”, Al-Monitor,  9 aprile 2025.

[30] S. Hakaoglu, “Trump Emerges as Turkey-Israel Broker With Syria Unease Growing”, Bloomberg, 8 aprile 2025.

[31] U. Yilmaz, “Turkey’s Erdogan Calls on Trump to Review Sanctions on Defense”, Bloomberg, 16 marzo 2025.

[32] L. Kenez, “Turkey nears Eurofighter jet procurement while keeping F-35 dream alive”, Nordic Monitor, 21 marzo 2025.

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[33]Il ministro Crosetto in Turchia, focus su Medio Oriente e cooperazione bilaterale”, Nova.news, 7 aprile 2025. 

[34] S. Hacaoglu e A. Nardelli, “NATO-Member Turkey Open to Deploying Peacekeepers in Ukraine”, Bloomberg, 27 febbraio 2025.



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