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Applicazione EPBD: quali opportunità con le giuste politiche?


Stato, sfide e opportunità dell’applicazione EPBD a livello nazionale: perché non studiare gli scenari partendo dagli impatti socioeconomici dell’edilizia sostenibile? Il settore civile è responsabile di una grande fetta delle emissioni di gas serra. Nonostante la lunga serie di bonus per l’efficientamento energetico residenziale, che ben conosciamo, l’andamento delle emissioni sembra rimanere pressoché stabile.

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Ecco perché indagare i motivi di queste mancate performance integrando considerazioni di tipo sociale, demografico ed economico. Pensando, appunto, che sono le famiglie a dover investire in efficienza energetica, e che i decisori devono comprenderne in profondità le esigenze e le difficoltà prima di creare nuovi incentivi. In vista del recepimento italiano della direttiva Case Green, Francesca Andreolli, ricercatrice senior del think tank Ecco, ha presentato a KEY – The Energy Transition Expo un’analisi sulle opportunità delle politiche climatiche per il settore edilizio.

Gli edifici italiani sono vecchi ed energivori

Partiamo dal presente. Il patrimonio edilizio italiano resta particolarmente critico dal punto di vista energetico e ambientale. Il 64% delle abitazioni risale a prima del 1980 e, soprattutto nelle regioni del Nord, si concentrano edifici degli anni 60 e 70. Non solo, il 60% delle case si trova in contesti condominiali e il 10% del totale è in centro storico. Il tasso di occupazione medio si attesta al 73%, mentre il 56% degli immobili di proprietà è considerato abitazione principale. “Questa prima fotografia già comporta implicazioni per le politiche di efficientamento energetico – spiega la ricercatrice di Ecco -. Bisogna infatti considerare che la propensione a investire nella riqualificazione energetica è più accentuata nelle abitazioni principali”.

Il problema dell’efficienza energetica residenziale

Il settore edilizio, inoltre, copre più del 50% dei consumi energetici nazionali, alimentati principalmente da fonti fossili. Il 70% di questa energia è destinata al riscaldamento domestico, prevalentemente attraverso caldaie a gas, e nel 90% dei casi la distribuzione del calore avviene tramite radiatori. L’obsolescenza del patrimonio immobiliare determina dunque una minore efficienza energetica rispetto ad altri paesi europei. Non è un caso che solo il 18% delle abitazioni in Italia abbia richiesto un APE (Attestato di Prestazione Energetica). E che l’80% sia in classe energetica inferiore alla D. Anzi, il 30% degli edifici si ferma alla classe G.

Dagli aspetti sociodemografici alle mancanze degli incentivi

C’è un ulteriore tassello, finora poco considerato ma fondamentale per progettare interventi mirati. “Si tratta di comprendere chi abita le case e quali risorse economiche ha a disposizione. Le famiglie italiane concentrano oltre il 55% della propria ricchezza in beni non finanziari, immobili e terreni. Inoltre, il 70% dei contribuenti ha un reddito inferiore a 26.000 euro e la capacità di risparmio medio delle famiglie è sotto i 3.000 euro, con significative variazioni tra Nord e Sud”, spiega Andreolli. In aggiunta, gli under 35, target ideale per la riqualificazione in quanto sensibili alle tematiche ambientali, vivono spesso in affitto e hanno minori capacità di investimento.

Luci e ombre del Superbonus

L’analisi degli effetti del Superbonus evidenzia effetti positivi e criticità. Certamente ha contribuito al rilancio delle costruzioni nel periodo post pandemico, generando un volume d’affari superiore a quello dell’Ecobonus. Ovvero, un incremento del 68% degli investimenti in termini reali nel triennio 2021-2023. Senza dimenticare il maggiore peso della filiera della progettazione e dei servizi innovativi connessi a questi interventi.

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Per contro, il valore in termini di rapporto costo/efficacia è particolarmente basso: il costo per kilowattora risparmiato risulta quasi doppio rispetto all’ecobonus (5,2 €/kWh vs 2,8 €/kWh). Inoltre, stando alle politiche correnti, si stima una riduzione delle emissioni del settore dell’1%. “Non si registra uno spostamento stabile dal gas al vettore elettrico, man mano decarbonizzato attraverso lo sviluppo delle rinnovabili – aggiunge la relatrice -. Va anche sottolineato che il sistema di detrazioni ha supportato maggiormente le classi di reddito più alte, che già potevano investire in efficienza energetica, sia in termini di numero delle domande sia per l’importo dedotto. Lo sconto in fattura e la cessione del credito attenuavano l’effetto, ma sono stati eliminati ancora prima dell’abbassamento dell’aliquota del Superbonus”.

Cosa manca agli incentivi attuali?

Secondo Ecco, gli elementi carenti nei meccanismi di incentivazione, da rivalutare in vista dell’applicazione della EPBD IV, sono principalmente due: la dimensione sociale e quella ambientale. In primis, dunque, servono politiche capaci di rispondere concretamente alle finalità per le quali nascono. Capaci di comprendere i bisogni dei cittadini e delle imprese, dotate di sostenibilità finanziaria e programmazione di medio-lungo periodo. Nonché fondate su una visione chiara degli impatti sulla filiera e delle ricadute occupazionali. L’altra dimensione che ancora non emerge riguarda il clima. Il Governo dovrà impegnarsi ad attuare la direttiva Case Green integrandola alle altre direttive approvate, comprese le misure relative a ETS e rinnovabili, nel grande pacchetto del Green Deal.

Applicazione EPBD e ritorno socioeconomico

Da qui, la volontà di definire uno scenario di applicazione EPBD coerente e concreto. Una panoramica degli obiettivi stabiliti dalla direttiva per calcolare il ritorno sociale dell’investimento. “Abbiamo sfruttato una metodologia chiamata Social Return of Investment (SROI), che associa un valore monetario a impatti non quantificabili. In altri termini, per un euro speso in un progetto o intervento, si valutano gli euro di ritorno sociale sull’investimento. Preziosa, per la qualità dei risultati ottenuti, la collaborazione con Open Impact, spin off dell’Università di Milano – Bicocca”, precisa la ricercatrice.

Dalla prima fase di costruzione di un modello teorico che simulasse l’impatto delle politiche di ristrutturazione negli anni 2030, 2035 e 2040, gli analisti di Ecco sono passati alla valutazione SROI delle opportunità industriali e socioeconomiche dell’applicazione EPBD.

Variabili e benefici della riqualificazione

La costruzione del modello teorico ha considerato diverse variabili connesse alla decarbonizzazione edilizia. In particolare, metri quadri residenziali per classe energetica, consumo medio kWh/mq, livelli di intervento e combinazioni di tecnologie, fattori di emissione e costi di investimento.

I benefici successivamente valutati sono:

  • riduzione delle emissioni di gas serra e inquinanti locali: tonnellate di CO2 risparmiate e riduzione degli inquinanti atmosferici (mg/kWh) grazie a salto di classe ed elettrificazione;
  • risparmio energetico potenziale: kWh/mq e kWh totale risparmiati grazie al salto di classe energetica;
  • incremento occupazionale: occupazione diretta, indiretta e indotta sia in fase di cantiere sia in fase di esercizio.

Nuovi scenari di policy

A questo punto, la definizione di scenari di misure orientate al raggiungimento completo degli obiettivi della direttiva EPBD IV. Considerando quattro differenti livelli di intervento:

  • riduzione dei consumi energetici del 30%: sostituzione serramenti e pompa di calore ibrida (345 €/mq);
  • riduzione dei consumi energetici del 45%: serramenti, isolamento termico, pompa di calore aria-aria (695 €/mq);
  • riduzione dei consumi energetici del 60%: serramenti, isolamento termico, pompa di calore aria-acqua (855 €/mq);
  • riduzione dei consumi energetici dell’80%: serramenti, isolamento termico, pompa di calore aria-acqua, riscaldamento a pavimento, impianto fotovoltaico (945 €/mq).
Nuovi scenari di policy per decarbonizzazione edifici italiani presentati da Ecco a KEY 2025

6 raccomandazioni per i decision maker

Sulla base dell’analisi, Ecco propone infine una serie di raccomandazioni ai decision maker impegnati nella messa a terra della direttiva Case Green con misure incentivanti. Tra queste:

 

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  • stabilità delle detrazioni con un orizzonte temporale almeno al 2030;
  • proporzionalità rispetto a performance energetiche, impatto sulla riduzione delle emissioni, rispetto di elevati standard ambientali e tipologia edilizia;
  • potenziamento del sistema di monitoraggio e verifica dell’efficacia dello strumento;
  • copertura anche totale dei costi per le persone in povertà energetica;
  • riduzione progressiva dell’IMU sulle seconde case in affitto se si raggiunge una classe energetica elevata;
  • correzione del disequilibrio della struttura tariffaria tra bolletta del gas ed elettrica, incongruente rispetto all’evoluzione tecnologica dei sistemi impiantistici e al progressivo trasferimento dei consumi sul vettore elettrico.

“Dobbiamo vedere gli interventi di riqualificazione non tanto come un costo ma come un investimento per favorire lo sviluppo socioeconomico del Paese. Tenendo ben presenti anche le necessità delle fasce più deboli della popolazione, per sconfiggere la povertà energetica e raggiungere tutti gli immobili inefficienti”, conclude Francesca Andreolli.



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